Ehilà cari lettori!
Vi siete già iscritti alla Read Along "Il primo bacio a Parigi"? Partecipate numerosi XD
In ogni caso, oggi vi propongo finalmente la recensione del libro che ho letto tutto in un soffio Domenica scorsa. Come molti, avevo letto di John Green solo "Colpa delle Stelle" (romanzo più che sufficiente per farmi adorare l'autore), ma "Città di Carta", secondo me, non ha nulla da invidiare all'altro best seller. Questa recensione è un po' particolare perchè, dopo aver letto per buona parte della giornata, nel mio quartiere siamo rimasti senza elettricità per diverse ore. Ho così iniziato a scrivere una pseudo-recensione che alla fine ho deciso di pubblicare integramente per far permanere intatta quella purezza di pensiero, senza influenze da parte di altri blogger o amici lettori.
Autore: John Green
Genere: Young Adult
Data di pubblicazione: 11/06/2014
Pagine: 396
Editore: Rizzoli
Collana: Rizzoli narrativa
Prezzo: 14,00
Trama:
Quentin Jacobsen è sempre stato innamorato di Margo Roth Spiegelman, fin da quando, da bambini, hanno condiviso un'inquietante scoperta. Con il passare degli anni il loro legame speciale sembrava essersi spezzato, ma alla vigilia del diploma Margo appare all'improvviso alla finestra di Quentin e lo trascina in piena notte in un'avventura indimenticabile. Forse le cose possono cambiare, forse tra di loro tutto ricomincerà. E invece no. La mattina dopo Margo scompare misteriosamente. Tutti credono che si tratti di un altro dei suoi colpi di testa, di uno dei suoi viaggi on the road che l'hanno resa leggendaria a scuola. Ma questa volta è diverso. Questa fuga da Orlando, la sua città di carta, dopo che tutti i fili dentro di lei si sono spezzati, potrebbe essere l'ultima.
Il mio pensiero:
Ciò che seguo è il testo scritto subito dopo la lettura del libro. La prima parte è molto personale, ma mi dispiaceva tagliarla perchè sono convinto che inquadri meglio il contesto. I libri sono un mondo stupendo, ma se nessuno li leggesse questi mondi non sarebbero mai rivelati. La loro diffusione però passa attraverso le lenti dei lettori e se non si fosse soggettivi nella lettura, come si potrebbe esprimere il proprio amore? Sono infatti convinto che sia vero che "nessun uomo ha mai letto lo stesso libro".
Quentin Jacobsen è sempre stato innamorato di Margo Roth Spiegelman, fin da quando, da bambini, hanno condiviso un'inquietante scoperta. Con il passare degli anni il loro legame speciale sembrava essersi spezzato, ma alla vigilia del diploma Margo appare all'improvviso alla finestra di Quentin e lo trascina in piena notte in un'avventura indimenticabile. Forse le cose possono cambiare, forse tra di loro tutto ricomincerà. E invece no. La mattina dopo Margo scompare misteriosamente. Tutti credono che si tratti di un altro dei suoi colpi di testa, di uno dei suoi viaggi on the road che l'hanno resa leggendaria a scuola. Ma questa volta è diverso. Questa fuga da Orlando, la sua città di carta, dopo che tutti i fili dentro di lei si sono spezzati, potrebbe essere l'ultima.
Il mio pensiero:
Ciò che seguo è il testo scritto subito dopo la lettura del libro. La prima parte è molto personale, ma mi dispiaceva tagliarla perchè sono convinto che inquadri meglio il contesto. I libri sono un mondo stupendo, ma se nessuno li leggesse questi mondi non sarebbero mai rivelati. La loro diffusione però passa attraverso le lenti dei lettori e se non si fosse soggettivi nella lettura, come si potrebbe esprimere il proprio amore? Sono infatti convinto che sia vero che "nessun uomo ha mai letto lo stesso libro".
Sono le 22.47. Ho appena finito
questo libro. L’ho letto in un solo giorno. Quando stamattina mi sono fermato
qualche minuto davanti alla libreria per scegliere cosa leggere, una vocina
nella mia testa continuava a ripetere che ero pronto per il libro di Green comprato
da qualche settimana e così alle 7.17 di questa Domenica è iniziata la mia
avventura. Il mio quartiere è da poco rimasto senza corrente, ma ringrazio il
me stesso di questa mattina per essersi ricordato di mettere a caricare la
lampada portatile che uso per le mie full immersion notturne. Se un libro non
mi coinvolge molto, so già che non leggerò a lungo e spegnerò la luce nella mia
stanza, ma se si tratta di uno di quei romanzi con la “scintilla”, allora non
vorrò certo alzarmi, perdendo il segno. Questa lampada è quindi molto speciale:
è un metro di paragone per i miei libri perché, come recita il mio segnalibro,
“I libri si dividono in due categorie: i libri per adesso e i libri per sempre”
(John Ruskin). Quando inizio un libro, capisco già dopo qualche capitolo se
dovrò mettere a caricare la lampada per leggere la notte. Questa mattina l’ho
capito. E non mi sbagliavo affatto.
Non è tardissimo e stavo pensando
se iniziare un nuovo libro, ma non credo di averne le forze. Mi trovo nella
fase hangover, ossia quella fase in cui non riesci a iniziare una nuova
avventura perché sei ancora immerso nell’universo del quale hai letto e ti
senti avvolto da quelle parole, quei personaggi, quelle storie che ti hanno
fatto ridere, piangere e fantasticare. Ho così iniziato a fissare il soffitto,
pensando e riflettendo su ciò da cui ero appena uscito perché non si può non
riflettere dopo aver letto un libro di questo calibro. A un certo punto ho
pensato che per organizzare i miei pensieri e dare loro una forma, la cosa
migliore era mettermi al computer e scrivere questa pseudo-recensione (che non
sono ancora sicuro pubblicherò).
Ripensando ai personaggi, mi
accorgo dell’evoluzione del protagonista, Quentin. Inizialmente era solo un
normale e “incolore” ragazzo di Orlando. Uno di quelli che non si scelgono gli
amici, ma che gli vengono scelti perché vittime di quella primordiale e
inevitabile suddivisione degli studenti in “caste” di importanza che inizia
durante i primi anni di studio e che si intensifica durante gli anni delle
superiori. Quentin (o “Q” per gli amici”) è così assuefatto dalla routine che
vive in un perenne stato di noia, senza preoccuparsene perché, in fondo, la noia
è una buona compagna. Con il passare del tempo, diventa una sopportabile amica
perché è espressione di un malessere ineffabile che accompagna gli uomini
durante la loro esistenza e che li porta a smettere di pensare ai proprio
problemi e a preoccuparsi di inutili questioni. Cosa fare il Sabato sera? Quale
cocktail bere? Che vestito indossare? In quale città o località balneare
trascorrere le prossime vacanze? Che souvenir comprare? In che posa scattare
una foto? Tutti sintomi di un malessere incurabile al quale l’uomo non cerca di
trovare una cura, ma un anestetico. La mentalità con la quale è stato
cresciuto, le mode dettate dalla società, gli esempi che gli sono stati forniti
lo portano a vivere in funzione del futuro perché oggigiorno “la vita è il futuro”.
Il college, il lavoro, la famiglia, i figli, i nipoti, la pensione, la morte.
Tutto un frenetico ciclo costituito da scelte non proprie e da frivoli desideri
pensati per appagare un’irrequietezza interiore alla quale non si vuole
rispondere.
Per Quentin tutto cambia una
notte quando Margo Roth Spiegelman, la vicina di casa alla quale era sempre
stato legato, appare alla sua finestra e lo coinvolge in una magica avventura
notturna. Il giorno dopo Margo sparirà (come già aveva fatto in passato per
intraprendere mirabolanti esperienze), ma ciò non fermerà Quentin dal
preoccuparsi. Inizierà così a indagare sulla ragazza, ricostruendo i suoi
movimenti e seguendo gli indizi da lei lasciati. Finirà così per scoprire la
vera Margo. La Margo che viveva nella sua camera e non fuori con gli amici. La
Margo che era quando non era Margo.
In questa sua “caccia al tesoro”,
Q scopre però anche se stesso e ciò che conta davvero per lui. Si rivela per
ciò che è realmente. “Gli esseri umani sono sprovvisti di buoni specchi. È
durissimo spiegare a noi come ci vedono e durissimo per noi spiegare agli altri
come ci sentiamo”. Attraverso un’evoluzione dei personaggi e l’uso di molte
metafore, il lettore scopre il vero significato delle “città di carta” e di ciò
che esse comportano. Quel mondo che si sentiva come il proprio, diventa infatti
troppo “stretto” e arriva il momento in cui è necessario liberarsi di tutti
quei pregiudizi che annebbiavano la mente e trovare se stessi.
Città di carta mi ha fatto ridere
per intere pagine con la sua ironia e ho sofferto per molte altre. Ho sofferto
per Quentin, per Orlando, per gli uomini, per la vita. Ciò che mi ha colpito
della penna di Green in questo libro è la sua capacità di far avvicinare il
lettore al suo mondo grazie a una spontaneità e ad una naturalezza che fa
dimenticare che la storia non sia reale. La “città di carta” è però diventata
reale, almeno dentro di me. Attraverso un senso di empatia con l’autore mi sono
ritrovato a cambiare opinione e a rivedere me stesso da altre prospettive.
Questo romanzo è stato per me una crescita, oltre che una splendida lettura.
Non vi dirò altro perché desidero che diventi anche per voi un percorso da
intraprendere. Grazie agli spunti di riflessione fornitimi l’ambiente dei libri
nel quale sono abituato a muovermi, talvolta edenico e utopico, è mutato in
qualcosa di fragile e problematico, qualcosa più simile alla vita.
Voto:
Ho scritto un piccolo poema, ma non
potevo limitarmi. (Avrei tanto voluto parlare con voi del finale, ma
preferisco tacere piuttosto che spoilerare).
Che bella recensione! Sono felice di vedere che è piaciuto anche a te... :)
RispondiEliminaE anch'io ho avvertito il bisogno di parlare con qualcuno del finale (che mi ha leggermente... delusa? Sorpresa? Non saprei!) quindi posso perfettamente capirti!
Se da un lato lo capisco, dall'altro rimane quel non so che... un misto di sorpresa e amarezza. Su una cosa sono sicuro: si tratta di un romanzo straordinario!
Elimina