Buon Mercoledì lettori,
finalmente ho trovato il tempo di scrivere questa recensione. Per quanto la lettura del libro sia stata breve e intensa, non credo si possa dire lo stesso del commento. ^_^
Titolo: Novella degli Scacchi
Autore: Stefan Zweig
Genere: Narrativa
Data di pubblicazione: 1941
Pagine: 126
Editore: Newton Compton Editori
Collana: Live Deluxe
Prezzo: 1,90
Trama:
Trama:
A bordo di una nave da crociere due contendenti si sfidano alla scacchiera. Da un lato Mirko Czentovič, campione mondiale in carica, rozzo, arrogante e venale; dall'altro l'enigmatico dottor B., colto, elegante e nervoso, dotato di un talento prodigioso e immaginifico...
Il mio pensiero:
Gli scacchi mi sono sempre piaciuti. Trovo abbiano uno straordinario fascino: enigmatici, intellettuali e dalle mille possibilità. Mi diverto a giocare qualche partita, ma alla fine mi considero "un giocatore di terza categoria" per riprendere le parole della voce narrante della novella. Ad ogni modo questo libricino mi aveva davvero incuriosito e così ho deciso di provare ad avventurarmi in questa storia.
La vicenda si svolge a un bordo di questa nave, un "non luogo" dove l'io narrante è un personaggio borderline di cui non conosciamo praticamente nulla. Proprio grazie a questo suo stare in disparte, permette un'immedesimazione quasi immediata nella novella: riassume la posizione del lettore che assiste agli avvenimenti da lontano, con sguardo critico e curioso. Inizialmente si viene incuriositi dalle prime partire del giovane russo che riuscirà a diventare campione del mondo a soli 18 anni, ma in seguito l'attenzione si sposta sull'avvocato e sulla sua drammatica storia. Lo stile è scorrevole e incalzante nella prima parte, ma si ha un cambio di registro nel momento in cui si conosce meglio il secondo uomo. Si iniziano così a provare compassione, dolore e tristezza per l'empatia che Zweig è in poche pagine in grado di formare in chi legge il suo libro. Il merito della penna dell'autore è però quello di essere riuscita a delineare con maestria due personaggi estremamente affascinanti e interessanti, Czentovič e il dottor B., veri soggetti della storia e al tempo stesso rappresentanti del loro tempo. Al centro della vicenda non troviamo infatti la tanto attesa partita, ma i due scacchisti e le loro vite, salvate entrambe da questo gioco. Gli scacchi sono il mezzo, ma il fine è l'analisi della condizione umana.
Da un lato troviamo l'uomo gretto, avido, rozzo, privo di "un'aspirazione alla cultura", non però un uomo senza abilità, bensì uno aridamente dotato di una sola, tipico dei tempi moderni, quelli della specializzazione settoriale. Sotto un certo punto di vista è anche espressione del nazismo incombente che proprio per questo schema calcolatore e utilitaristico, riesce a imporsi sugli uomini.
“Non è forse maledettamente facile credere di essere un grand’uomo se non si ha la minima idea dell’esistenza di un Rembrandt, di un Beethoven, di un Dante, di un Napoleone?”
Dall'altra parte della scacchiera B. rappresenta l'uomo fine, raffinato, intelligente e dotato di immaginazione. La tortura che gli viene imposta è crudele e spietata per quanto sembri apparentemente indolore. L'immagine della "gabbia" di quest'uomo è diventata scultorea nella mia mente e così il tempo qui passatovi: il conteggio delle piastrelle e di ogni singolo dettaglio della stanza, l'immensa gioia nell'essere riuscito a trafugare un libro, la scelta di non scoprire subito di che cosa si tratti solo per passare il tempo godendo dell'impresa, le partite a scacchi imparate a memoria, sebbene non conoscesse nemmeno le più semplici regole e, infine, la follia causata dal tentare una sfida impossibile, ossia una sfida contro se stessi. Non è infatti concepibile una sfida tra Io Bianco e Io Nero, per quanto ci si possa impegnare, in quanto per definizione non è possibile scambiare informazioni in un sistema chiuso.
"Non ci veniva fatto niente - venivamo solo collocati nel nulla assoluto, perché com'è noto niente esercita sull'animo umano maggiore pressione del nulla."
"Per quattro mesi non avevo tenuto in mano un libro, e già la sola idea di un libro, in cui si potessero vedere parole allineate, righe, pagine e fogli, di un libro in cui si potessero leggere, seguire, accogliere nel cervello pensieri diversi, nuovi, estranei, capaci di distrarre, aveva qualcosa di inebriante e al tempo stesso di stupefacente."
Per quanto sembrino diversi, entrambi gli scacchisti sono uomini distrutti che grazie alle loro doti o capacità applicative hanno trovato conforto negli scacchi. Questi diventano poi simbolo di una sfida tra due persone che riescono a governare un universo alternativo. L'uno necessita di una scacchiera, mentre l'altro riesce solo con la sua immaginazione a giocare partite e partite, ma i due casi non sono altro che due modi diversi per guardare la stessa cosa. Immaginazione e Realismo, due modalità di osservazione per persone che hanno dovuto trovare un universo alternativo per vivere nel proprio.
Ed è proprio questo il dramma umano: vivere costantemente in questo mondo è troppo pesante, insopportabile, sia per l'uomo colto che per quello grezzo. Qual è l'unica via dunque? Fuggire, trovare un nuovo universo su cui si può avere il pieno controllo, sebbene questo sia solo una mera illusione. I libri, gli scacchi. Una miniatura, un modellino che ci aiuta a studiare ciò che ci circonda. Così è possibile vivere in questo mondo e accettarlo. Non ci è stato chiesto dove preferissimo vivere, non abbiamo mai avuto una scelta, siamo semplicemente stati "gettati" hic et nunc.
Vi consiglio caldamente questo scritto sia che conosciate gli scacchi sia che non ne abbiate mai fatto esperienza perché per quanto vi siano moltissimi modi di interpretare i personaggi e le pedine, Zweig offre una miriade di spunti di riflessioni che arrivano al lettore come un dardo veloce, ma terrificante e sublime allo stesso tempo.
"Antichissimo eppure eternamente nuovo, meccanico nella impostazione ma dipendente dalla fantasia, confinato in uno spazio rigidamente geometrico e ciò nonostante sconfinato nelle sue combinazioni, in continua evoluzione eppure sterile, un pensiero che non porta a nulla, una matematica che non calcola nulla, un'arte senza opere, un'architettura senza sostanza e nondimeno nella sua esistenza e nella sua essenza notoriamente più duraturo di tutti i libri e di tutte le opere, l'unico gioco che appartiene a tutti i popoli e a tutte le epoche, e di cui nessuno sa dire quale dio lo abbia portato sulla terra per ammazzare la noia, acuire i sensi, sollecitare la mente. Dove ha iniziato e dove finisce?"
Concludo con le parole di Silvia Montis che ha scritto l'introduzione al libro nell'edizione della Newton Compton: "[..] E nel leggerli si consuma, nello spazio prodigioso di una manciata d'ore,un piccolo miracolo: ci si ritrova profondamente mutati. In tedesco c'è una bella parola per descrivere questo passaggio, questo approdo alla deriva, questo sentire con la testa e con il cuore: Lebensklug, che tradotto letteralmente significa "intelligenti di vita". E quindi, in qualche modo, più saggi. Più saggi di vita, di bellezza, di paura. In una parola, di letteratura. "
Il mio voto:
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